Ernst Lubitsch: vita e film da vedere - Indiecinema (2024)

Introduzione

Ernst Lubitsch: vita e film da vedere - Indiecinema (1)

Ernst Lubitsch è stato uno dei registi fondamentali della storia del cinema. Nacque a Berlino il 28 gennaio 1892. È stato uno dei primi registi a diventare una vera e propria Star ad Hollywood e ad avere un grande seguito di pubblico senza appoggiarsi necessariamente sulla partecipazione dei divi ai tuoi film. Il suo stile leggero, tipico dei suoi film di genere commedia, è stato definito da Billy Wilder il tocco di Lubitsch.

Nato da una famiglia povera di ebrei tedeschi, Lubitsch da giovane tenta di sbarcare il lunario vendendo tessuti. Poi diventa amico casualmente di Max Reinhardt, il direttore del teatro tedesco di Berlino, che gli procura lavoro come comparsa negli spettacoli. Poi viene assunto come attore e collabora con Reinhard anche in diverse produzioni cinematografiche, dove impara la tecnica.

In quel momento il cinema era ancora in una fase pionieristica e di vasta esplorazione. Non è difficile per Lubitsch dirigere i primi film muti a basso costo, dove Interpreta anche il ruolo di protagonista. Inizia con il genere comico slapstick.

I film di Ernst Lubitsch in Germania

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I suoi primi film sono Pinkus l’emporio della scarpa, del 1916, Quando ero morto, dello stesso anno, dove Lubitsch interpreta un marito che ricorda il protagonista de Il fu Mattia Pascal di Pirandello. Seguono La bambola di carne e La principessa delle ostriche, entrambe nel 1919. Ernst Lubitsch si diverte fin dai primi film a prendere in giro l’assurdità del sogno americano con personaggi grotteschi di miliardari inetti ed egoistici e ragazze viziate e annoiate.

Dal 1920 si specializza nel dirigere commedie con i film realizzati in Germania: Romeo e Giulietta sulla neve, Lo scoiattolo, Madame du Barry. Nel 1923 viene chiamato in America da Mary Pickford per dirigere la commedia Rosita.

I film di Lubitsch negli Stati Uniti

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Ernst Lubitsch è il primo regista europeo ad arrivare ad Hollywood, il primo di una lunga serie. Lavora con tutte le attrici di Hollywood più famose: Marlene Dietrich, Greta Garbo, Carole Lombard, Miriam Hopkins.Con loro realizza alcuni film da vedere assolutamente.

La collaborazione con Mary Pickford non funziona molto bene: l’attrice ama un certo tipo di ruoli e vorrebbe che il regista scegliesse delle sceneggiature che lei ha in mente. Lubitsch invece preferisce soggetti più leggeri, commedie dove può descrivere la sua visione del mondo, come Rosita.

La collaborazione con la Pickford finisce e il regista trova lavoro alla Warner, con la quale firma un contratto di 3 anni. In quegli anni realizza commedie come Lady Windermeres, film storici come The Forbidden Paradise, l’ultimo grande successo di Emil Jannings negli Stati Uniti, l’attore che alcuni anni dopo avrebbe realizzato il capolavoro di Friedrich Murnau L’ultima risata.

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Guarda L’ultima risata di Murnau

Il grande successo con Love Parade

Il produttore Irving Thalberg commissiona a Ernst Lubitsch il film Alt-Heidelberg, un costoso adattamento cinematografico dell’operetta The Student Prince, con le star Camilla Horn e John Barrymore. Con il film Love Parade Ernst Lubitsch utilizza in modo innovativo il sonoro e diventa il regista più famoso di Hollywood.

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Con Monte Carlo perfeziona ancor di più il suo uso del sonoro, mentre con The Smiling Lieutenant del 1931 rilancia il genere musical che era stato inflazionato da una grande quantità di produzioni. Una delle sue rare incursioni nel genere drammatico è L’uomo che ho ucciso, con Nancy Carroll e Phillips Holmes nel 1932. Il film fu un insuccesso e convinse Ernst Lubitsch a dedicarsi solo alla commedia.

Altri film, nuovi capolavori

Nei film successivi Lubitsch lavora ancora con una delle sue attrici preferite dell’epoca del muto, Pola Negri. I film sono La fiamma dell’amore, del 1923, e La zarina, del 1924. Realizza ancora dei film muti con la Warner Bros: Matrimonio in quattro, Tre donne e Baciami ancora nel 1925, dove è molto evidente l’ispirazione Ernst Lubitsch ha ricevuto da Charles Chaplin. Con Il ventaglio di Lady Windermere, del 1925, si basa su una commedia di Oscar Wilde realizzando uno dei suoi film più riusciti ad importanti.

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Negli anni trenta realizza i suoi capolavori più conosciuti: Mancia competente, del 1932, una storia di ladri ambientata in alberghi di lusso dove verità e menzogne si confondono. La vedova allegra, del 1934, ambientato ancora una volta nel mondo dell’operetta. Uno dei suoi capolavori più conosciuti è Ninotchka, girato per la MGM nel 1939, con Greta Garbo in una insolito personaggio brillante. La campagna pubblicitaria del film recitava: ‘Il film dove Greta Garbo ride!“

il film incassa oltre un milione di dollari e la Garbo viene candidata all’Oscar. Ernst Lubitsch diventa una delle personalità più importanti di Hollywood, anche fuori dal ruolo di regista. Diventa direttore di produzione della Paramount e presidente del fondo cinematografico destinato a finanziare i registi europei emigrati ad Hollywood.

Dopo aver girato due commedie di scarso successo, Rendez-vous alla fine della notte, e Merle-Oberon Ehekomödie, Ernst Lubitsch firma la sua opera più famosa nel 1942, una parodia di Hitler. Si tratta del film Vogliamo vivere!, ispirato alla piece teatrale Noch ist Polen nicht verloren del drammaturgo ungherese Melchior Lengyel.

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Nel 1945, mentre girava il film Scandalo a Corte, colpito da un attacco di cuore. Ernst Lubitsch morì a Bel Air qualche anno più tardi, il 30 novembre del 1947, mentre girava La signora in ermellino, film terminato da Otto Preminger.

Lo stile di Ernst Lubitsch

il cinema di Ernst Lubitsch trova la sua piena espressione con il cinema sonoro in cui il regista può dedicarsi a quello che gli riesce meglio: i dialoghi. I dialoghi di Lubitsch sono brillanti, intelligenti, pieni di umorismo e di allusioni erotiche.Lubitsch riusciva a inserire l’elemento erotico nei suoi film senza mostrare mai nulla: la rigida censura dell’epoca altrimenti avrebbe bloccato i suoi film. I dialoghi dei personaggi sono pieni di allusioni inserite in modo elegante.

Per capire un artista cosa c’è di meglio che ascoltare le sue dichiarazioni? Ecco una lettera che Ernst Lubitsch scrisse nel 1947 al critico cinematografico Herman G. Weinberg, con lo scopo di svelare il suo mondo ed i retroscena del suo lavoro.

Lettera di Ernst Lubitsch al critico Herman G. Weinberg

Gli inizi come attore

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I film che ho fatto in passato, posso giudicarli sulla base della memoria, e dell’impressione suscitata al momento della loro uscita: non certo secondo i criteri d’oggigiorno. Il mio maestro è stato il famoso attore Victor Arnold, oggi scomparso, che ha avuto una notevolissima influenza su tutta la mia carriera e il mio avvenire. Non solo mi ha presentato a Max Reinhardt, ma gli devo anche il mio primo successo nel cinema: è lui che mi ha fatto ottenere il ruolo dell’apprendista in Die Firma Heiratet.

Poi sono stato protagonista di un altro film, Der Stolz der Firma, ma nonostante il successo ho subito capito di essere arrivato a un punto morto. Mi avevano catalogato, e sembrava che nessuno riuscisse a scrivere una parte nuova per me. Dopo questi due successi, mi sono dunque trovato ai margini del cinema, e siccome non avevo alcuna intenzione di cedere, mi sembrò necessario mettermi a scrivere per crearmi delle parti adatte.

La scrittura per se stesso

In collaborazione con un amico, l’attore Eric Schönfelder, scrissi una serie di soggetti per comiche di un rullo, che vendetti alla Union: ne fui regista e interprete, e se la mia carriera d’attore fosse andata avanti senza ostacoli, mi domando se sarei diventato regista…

Da sceneggiatore a regista

Ma dopo aver realizzato con successo questa serie di comiche, decisi di cimentarmi in un film vero e proprio, e come tutti gli attori volevo una parte di primo piano, un personaggio “simpatico”. Fu così che con l’aiuto dei miei collaboratori scrissi un copione cinematografico intitolato Als Ich Tot War.

Le comiche

Un fiasco totale: gli spettatori non erano affatto disposti ad accettarmi come primo attore… Pensai allora di ritentare il genere che mi aveva dato i primi successi, e venne Schuhpalast Pinkus, un trionfo: firmai così un nuovo contratto con la Union per una serie di film di quel tipo. Vorrei far notare che a quell’epoca le “comiche” non venivano certo considerate di serie B; anzi ottenevano vivo successo.

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Proprio in quel periodo scoprii Ossi Oswalda, e le diedi la sua prima chance in uno dei miei film. Piacque tanto al pubblico che finii per cederle il ruolo principale e accontentarmi della regia. Man mano che il tempo passava, m’interessava sempre più dirigere che recitare.

E dopo il mio primo film drammatico (Gli occhi della mummia, 1918, con la Negri e Jannings), sentii che la recitazione aveva perso ormai ogni valore per me. Solo nel 1919, mi pare, sono riapparso davanti alla macchina da presa, per interpretare Sumurun; e in teatro la mia ultima apparizione risale al 1918, in una rivista intitolata Die Welt geht unter, all’Apollo di Berlino.

Le commedie in Germania

Le tre commedie più riuscite che io abbia realizzato in Germania sono La principessa delle ostriche, La bambola di carne e Due sorelle. La principessa delle ostriche è il mio primo film che riveli uno stile definito. Ricordo una sequenza molto discussa a quei tempi. Un poveraccio deve fare anticamera nella splendida sala d’ingresso del palazzo di un multimilionario.

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Per superare l’impazienza e l’umiliazione delle ore di attesa, il poveraccio cammina lungo i contorni dei disegni – molto complessi e raffinati – del pavimento: non era facile rendere queste sfumature, e non so se ci sono riuscito, ma era la prima volta che cercavo di fare il passo che separa la commedia dalla satira.

Tutto diverso è lo stile di La bambola di carne, che ebbe altrettanto successo: era una fantasia pura, con décors di cartone o addirittura di carta. Ancora oggi, credo che si tratti di uno dei film più ricchi d’inventiva fra quelli che ho realizzato. Ma Due sorelle – una specie di Bisbetica domata nelle montagne bavaresi, di sapore tipicamente tedesco – fu il più popolare della serie, e venne rifatto tre o quattro volte.

Film storici

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Tra i film “storici in costume” i tre che si ricordano di più sono Sangue gitano, Madame Du Barry, Anna Bolena. La loro importanza, a mio avviso, sta nel fatto che si ponevano su un piano nettamente diverso rispetto alla scuola italiana allora in voga, e che faceva tanto “Grand-Opera”. Io cercavo invece di togliere qualsiasi alone operistico, di umanizzare i personaggi storici, di trattare le loro sfumature intime con la stessa evidenza dei movimenti di massa, ponendole in stretto rapporto con questi ultimi.

Su questo piano si può ricordare, anche se è inferiore ai tre citati, Sumurun, una piacevole fantasia tratta da uno spettacolo di Reinhardt. Un fiasco completo fu Lo scoiattolo, che pure conteneva più idee e più spirito satirico di molti altri dei miei film. Ma è uscito poco dopo la fine della guerra e gli spettatori tedeschi dovevano rivelarsi ben poco disposti ad accettare un’opera che si faceva gioco della guerra e del militarismo.

Kammerspiel

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Ci sono altri due film del mio periodo tedesco che a mio avviso sono stati sottovalutati: si tratta di Rausch (1919) e di La fiamma dell’amore (1922). Come alternativa ai grandi affreschi storici, avevo sentito la necessità di fare dei piccoli “kammerspiel”: e i due tentativi riuscirono bene, anche perché, naturalmente, la recitazione di Asta Nielsen, Alfred Abel e Karl Meinhardt, così come degli altri interpreti di Rausch, era davvero straordinaria, e fu subito salutata come un esempio perfetto dello stile “kammerspiel”.

Lo stesso si può dire di La fiamma dell’amore con Pola Negri, anche se la versione uscita negli Stati Uniti e intitolata Montmartre era tagliata a pezzi e aveva un finale differente: non aveva nulla a che fare con la versione originale e non può dare alcuna idea della sua portata e del suo valore drammatico. Nei film muti che ho realizzato in Germania, e poi negli Stati Uniti, ho sempre cercato di servirmi il meno possibile delle didascalie.

Il mio scopo era quello di raccontare la vicenda attraverso le sfumature, le immagini, l’espressione degli attori. Ricorrevo spesso a lunghe scene in cui la gente parlava senza essere interrotta da didascalie: i movimenti delle labbra vi assumevano lo stesso valore che in una pantomima. Non che volessi far leggere le parole sulle labbra agli spettatori ma cercavo di calcolare i tempi delle battute in modo tale da facilitare una sorta di “ascolto visivo”.

Il periodo americano

Del mio periodo americano, loro sono ovviamente ben informati, e posso quindi essere più breve. Mi limiterò a sottolineare i film che dal mio punto di vista rimangono i più significativi di tale periodo. Fra i film muti vorrei citare Matrimonio in quattro, Il ventaglio di Lady Windermere, Lo zar folle, e anche Baciami ancora. Quelli sonori sono troppo noti sia a Lei, caro Weinberg, sia al Suo collega Huff, perché io debba dilungarmi.

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Passo quindi direttamente al periodo che nel Supplemento di «Sight and Sound» è definito il mio declino. Sarà vero senz’altro che la mia carriera ha iniziato la parabola discendente, non sta certo a me discuterlo. Vorrei peraltro fare osservare che in questa fase ho realizzato quattro film che per un verso o per l’altro escono dalla mediocrità, e fra questi ce ne sono tre che, a giudizio di molti, rappresentano il meglio che io abbia mai fatto: parlo di Mancia competente, Ninotchka, e di Scrivimi fermo posta.

Gli ultimi film più belli

Sul piano puramente stilistico, credo che nulla mi sia mai riuscito bene quanto Mancia competente. Nel campo della satira, non sono mai stato acuto come in Ninotchka, e credo di essere riuscito, in questo film, nel compito tutt’altro che facile di mescolare una satira politica a una storia d’amore. E per quanto riguarda la commedia – vogliamo parlare di commedia umana? – credo di non aver mai raggiunto la qualità di Scrivimi fermo posta: non ho mai fatto un film in cui l’atmosfera e i personaggi fossero altrettanto reali, plausibili.

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Realizzato in ventisei giorni con un bilancio modesto, il film non era certo spettacolare o sensazionale, ma ha avuto un buon successo. C’è poi Il cielo può attendere (1943), che io considero uno dei miei film più importanti, perché ho tentato di liberarmi in vari sensi dalle formule stabilite. Prima che il film fosse terminato, ho incontrato forti opposizioni: il film non aveva alcuno scopo, non comunicava alcun “messaggio”. Il protagonista si preoccupava solo di vivere bene, e non cercava di compiere nessuna nobile azione.

Quando allo Studio mi chiedevano perché volessi fare un film del genere, rispondevo che la mia intenzione era quella di presentare agli spettatori un certo numero di personaggi, nella speranza che li trovassero gradevoli: sarebbe bastato questo per fare del film un successo. Così, in effetti, è accaduto: per fortuna avevo ragione.

Inoltre mi è riuscito di mostrare un matrimonio felice in una luce più autentica di quel che accade normalmente al cinema, dove i matrimoni riusciti sono descritti in genere come una cosa noiosissima, poco eccitante, tutta focolare domestico.

Vogliamo vivere! (1942) ha suscitato una serie di polemiche, e a mio avviso è stato ingiustamente attaccato. Il film non si prendeva affatto gioco della resistenza polacca: era solo una satira del teatro e del nazismo, dei metodi e della follia del nazismo. Per quanto ironica, sospetto che questa immagine del nazismo fosse più vera di quella che ci viene mostrata in tanti romanzi, racconti e film sullo stesso argomento, dove i tedeschi appaiono assediati da una specie di gang nazista, e tutti tesi a combattere, a resistere finché possono. Io non ci ho mai creduto. E mi pare sia ormai sufficientemente provato che un vero spirito di resistenza fra i tedeschi non c’è mai stato.

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Negli ultimi tempi, la mia attività è stata purtroppo interrotta da una lunga, grave malattia e da una serie di ricadute; ma spero di cominciare al più presto un nuovo film intitolato La signora in ermellino: sarà il mio primo film musicale da quindici anni a questa parte. Infine, sì, sono d’accordo col signor Huff ho fatto talvolta dei film che non erano degni del mio standard. Ma non si potrebbe dire che tutti questi film, almeno a confronto con quanto di più grossolano e mediocre viene solitamente realizzato, sono degni del loro standard? S’intende che, se Lei non è d’accordo con queste mie osservazioni, o se non le trova utili, può benissimo gettarle nel cestino. (1947)

i film di Ernst Lubitsch da vedere

Ecco una selezione dei capolavori del leggendario regista Ernst Lubitsch da non perdere assolutamente.

Il ventaglio di Lady Windermere, 1925

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Lady Windermere respinge il corteggiamento di Lord Darlington, tenace spasimante, mentre suo marito tenta di nascondere che Mrs. Erlynne è la madre, creduta morta, di Lady Windermere. Ma Erlinne è disposta a tutto per conoscere la figlia.

Ispirato ad un opera di Oscar Wilde è il primo film in cui Ernst Lubitsch dimostra delle straordinarie capacità cinematografiche. Riesce a trasformare tutti i dialoghi dell’opera di Wilde in immagini dal valore simbolico e da raccontare la storia senza bisogno di parole. Le relazioni tra i personaggi vengono narrate in modo magnifico attraverso le relazioni delle inquadrature nel montaggio. È un film fondamentale per capire come la parola può trasformarsi in film senza essere utilizzata, come le immagini ed il linguaggio del corpo possono sostituire il linguaggio verbale.

Mancia competente, 1932

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Gaston e Lily sono due ladri esperti che si corteggiano derubandosi l’un l’altro a Venezia. Diventano amanti e poi si associano per compiere nuovi furti. Scelgono la ricca Mariette Colet come prossima vittima. Gaston cerca di sedurre la donna, ma finirà per innamorarsi davvero di lei, lasciando Lily nel tormento della gelosia.

Uno dei film più riusciti del regista, dove il sonoro è messo a servizio del tocco alla Lubitsch. Dialoghi brillanti e ritmo Serrato per una commedia piena di gag fisiche e verbali e doppi sensi sessuali inusuali per l’epoca. Personaggi abituati a sopravvivere con l’imbroglio cercano di conquistare l’amore, sentimento che si rivela invece qualcosa che non può essere comprato né rubato. Un film brillante che dietro la superficie della commedia racconta le contraddizioni dell’animo umano e di un mondo perbenista e patinato con stile molto originale e innovativo.

Angelo, 1937

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Anthony Halton, un ricco americano, incontra a Parigi una misteriosa donna (Marlene Dietrich) con cui ha un’avventura e che chiama “Angelo”. Ossessionato dal desiderio di vederla ancora, scopre che la donna è la moglie di un suo vecchio commilitone

Classica commedia alla Lubitsch dove le ambiguità e il non detto si accumulano fino a implodere ed a trasformandosi in melodramma. Una vicenda enigmatica che lascia libera interpretazione allo spettatore, dove la passione e le reazioni emotive vengono confinate fuori dalla scena, o raccontate attraverso personaggi secondari.

Ninotchka, 1939

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Il governo sovietico vuole confiscare i gioielli della Granduch*essa Swana, esiliata a Parigi. 3 agenti russi vengono inviati per compiere la missione ma rimangono sedotti dallo stile di vita occidentale. Allora viene scelta una donna incorruttibile, un agente di nome Ninotchka.

Uno dei capolavori più conosciuti di Ernst Lubitsch, una commedia dal ritmo serrato piena di colpi di scena che descrive in modo grottesco il mondo sovietico dell’epoca. È il racconto della trasformazione di una fredda donna nordica che non ride mai in una donna piena di vita che si abbandona alle avventure a Parigi. Il regista dirige con sapienza l’iconica attrice Greta Garbo, una star che non aveva mai interpretato un ruolo brillante. Ad un certo punto la Garbo in una scena del film esplode in una fragorosa risata che stravolge gli stereotipi dell’attrice ed il suo personaggio si trasforma. La campagna pubblicitaria del film Infatti recitava: La Garbo ride!

Vogliamo vivere, 1942

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La compagnia teatrale Tura, diretta dal capocomico Joseph e da sua moglie Maria, sta preparando uno spettacolo teatrale che è una feroce satira contro il nazismo. Ma a settembre scoppia la guerra e Varsavia è invasa dai nazisti. La compagnia teatrale si ritroverà a combattere nella Resistenza.

Film brillante pieno di ironia e momenti comici particolarmente riusciti, e nello stesso tempo dotato di una regia rigorosa e di una maniacale attenzione ai dettagli. Si tratta di un racconto sul trionfo dell’arte e della creatività nei confronti della follia distruttiva del potere. Fantastica L’interpretazione dei due attori protagonisti, Jack Benny e Carole Lombard.

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